Simone Crestani/ Vanessa Mitrani
29 settembre 2016
20 dicembre 2016
The Design Museum London ha annunciato la sua riapertura attraverso un video memorabile sincronizzato con la traccia ‘Blue Monday’ dei New Order’s. Il “Museo che non chiude mai” è un inno ai progetti di design che definiscono le nostre vite, che ci accompagnano in continuazione, che ora trovano una vetrina notevolmente potenziata nel centro di Londra. Celebre progettista e autorevole imprenditore, Sir Terrence Conran è stato co-fondatore nonché curatore del museo da oltre tre decadi, periodo in cui ha cercato di esaltare l’importanza e il valore del design. Originariamente chiamata il Boilerhouse Project, la Galleria era ubicata, fino al 1989, nella cantina del Museo V+A. Successivamente la collezione, continuamente in crescita, è stata spostata in un antico deposito di banane sul fiume Tamigi.
E’ stato poi nel 2006 che Deyan Sudjic ha fatto la sua entrata da direttore e si è cominciato a programmare una sede più ampia e più centrale. Sotto la sua direzione, The Design Museum ha presentato una provocante gamma di mostre, incluse diverse retrospettive su designer contemporanei come Luigi Colani, Zaha Hadid, lo stilista Hussein Chalayan e il grafico Jonathon Bambrook. Sono poi stati introdotti premi annuali come ‘Designs of the Year’ e amplificate la collezione permanente e l’influenza della Galleria nella comunità. E’ il 24 Novembre però che il museo ha aperto i battenti della sua nuova casa, in passato nominata “The Commonwealth Institute”, situata tra una nuovissima costruzione di OMA e le colline smeraldo di Holland Park. La sua principale caratteristica architettonica, il tetto paraboloide, è stata conservata ed è diventata il focus degli interni progettati da John Pawson. L’atrio vanta quattro piani che offrono diverse viste del soffitto sculturale.
Le sagome del cemento prendono la forma delle vele, e contrastano i colori del legno di quercia, perfettamente rettilineo e dettagliato, il marmo e le finiture in vetro. Salendo nell’atrio, appaiono distintamente le entrate alle gallerie ‘purpose built’, il ristorante, gli uffici, una biblioteca e un auditorium. Per mantenere vivo il suo dialogo con la cultura contemporanea, la mostra di inaugurazione “Fear and Love” sottolinea il rapporto, sempre più complesso, tra la progettazione e le tecnologie emergenti. Ora il museo ospita i suoi designers nei residence e parte della sua collezione permanente è aperta al pubblico, gratuitamente. Il Design Museum, con questo nuovo capitolo, è maturato non solo nella sua sofisticatezza ma anche in capacità e visibilità. Nonostante ciò, la sua visione nel promuovere l’influenza e il valore del design nel miglioramento delle nostre vite quotidiane, mostra come il museo sia solo all’inizio del suo viaggio.
DOVE: 224 – 238 Kensington High Street, Londra, W8 6AG
Photography © NAARO
Aerial photograph by Yun Zhang
The Design Museum London ha annunciato la sua riapertura attraverso un video memorabile sincronizzato con la traccia ‘Blue Monday’ dei New Order’s. Il “Museo che non chiude mai” è un inno ai progetti di design che definiscono le nostre vite, che ci accompagnano in continuazione, che ora trovano una vetrina notevolmente potenziata nel centro di Londra. Celebre progettista e autorevole imprenditore, Sir Terrence Conran è stato co-fondatore nonché curatore del museo da oltre tre decadi, periodo in cui ha cercato di esaltare l’importanza e il valore del design. Originariamente chiamata il Boilerhouse Project, la Galleria era ubicata, fino al 1989, nella cantina del Museo V+A. Successivamente la collezione, continuamente in crescita, è stata spostata in un antico deposito di banane sul fiume Tamigi. E’ stato poi nel 2006 che Deyan Sudjic ha fatto la sua entrata da direttore e si è cominciato a programmare una sede più ampia e più centrale. Sotto la sua direzione, The Design Museum ha presentato una provocante gamma di mostre, incluse diverse retrospettive su designer contemporanei come Luigi Colani, Zaha Hadid, lo stilista Hussein Chalayan e il grafico Jonathon Bambrook. Sono poi stati introdotti premi annuali come ‘Designs of the Year’ e amplificate la collezione permanente e l’influenza della Galleria nella comunità. E’ il 24 Novembre però che il museo ha aperto i battenti della sua nuova casa, in passato nominata “The Commonwealth Institute”, situata tra una nuovissima costruzione di OMA e le colline smeraldo di Holland Park. La sua principale caratteristica architettonica, il tetto paraboloide, è stata conservata ed è diventata il focus degli interni progettati da John Pawson. L’atrio vanta quattro piani che offrono diverse viste del soffitto sculturale. Le sagome del cemento prendono la forma delle vele, e contrastano i colori del legno di quercia, perfettamente rettilineo e dettagliato, il marmo e le finiture in vetro. Salendo nell’atrio, appaiono distintamente le entrate alle gallerie ‘purpose built’, il ristorante, gli uffici, una biblioteca e un auditorium. Per mantenere vivo il suo dialogo con la cultura contemporanea, la mostra di inaugurazione “Fear and Love” sottolinea il rapporto, sempre più complesso, tra la progettazione e le tecnologie emergenti. Ora il museo ospita i suoi designers nei residence e parte della sua collezione permanente è aperta al pubblico, gratuitamente. Il Design Museum, con questo nuovo capitolo, è maturato non solo nella sua sofisticatezza ma anche in capacità e visibilità. Nonostante ciò, la sua visione nel promuovere l’influenza e il valore del design nel miglioramento delle nostre vite quotidiane, mostra come il museo sia solo all’inizio del suo viaggio.
DOVE: 224 – 238 Kensington High Street, Londra, W8 6AG
Photography © NAARO
Aerial photograph by Yun Zhang
The Moodboarders è un occhio spalancato sul mondo del progetto in tutte le sue multiformi declinazioni, capace di cogliere, anche nel quotidiano, lo straordinario. È la misura della temperatura epocale. È l’antenna sensibile capace di captare le tendenze sul nascere, i talenti che sbocciano, le estetiche trascurate. Non saggi, ma appunti veloci per sintonizzarsi sul ritmo del nostro tempo. Abbiamo viaggiato un anno senza fermarci e perché di questo viaggio non si smarrisca il ricordo abbiamo deciso di editare una versione cartacea. Abbiamo eliminato l’episodico, l’effimero e il fugace, cercando di mantenere la varietà degli argomenti e il loro fluido susseguirsi, di preservare la sorpresa delle scoperte, degli eventi colti nel loro manifestarsi, delle creazioni appena germogliate.