Objets nomades
30 aprile 2015
16 giugno 2016
Durante il 100% design londinese del 2014 lo studio di Zaha Hadid esponeva i modelli in carta, disposti ciascuno su un piedistallo, delle sue realizzazioni architettoniche e al piano su strada alcuni dei suoi sinuosi divani, il tavolo Liquid glacial creato per la galleria londinese David Gill, il Mew table prodotto da Sawaya&Moroni e la nuova serie di oggetti creati per Harrods. Fu una sorpresa: non più sinuosa magniloquenza, ma grazia femminile in quelle candele profumate, nel servizio in porcellana da caffè, con tazze simili a bocci appena dischiusi e nello sgabello che ricorda un pistillo. Quella collezione rivelava quell’aspetto della personalità riservato solo a chi la conosceva in privato e finalmente la svelava come donna e, non solo, come archistar, una etichetta che le spettava, ma che forse le ha pesato addosso più del dovuto.
Analoga la riflessione sulla collezione di vasi in marmo proposti da Citco, paragonabili a fiori in boccio, connotati da un serie virtuosa di sottili pieghe, rubata agli artifici della couture, che ancora una volta dimostrano come Zaha avesse sempre un occhio di riguardo alla moda, forse per via della duttilità del tessuto nella modellazione, che lei cercava di replicare in materiali rigidi come il marmo.
Durante il 100% Design londinese del 2014 lo studio di Zaha Hadid esponeva i modelli in carta, disposti ciascuno su un piedistallo, delle sue realizzazioni architettoniche e al piano su strada alcuni dei suoi sinuosi divani, il tavolo Liquid Glacial creato per la galleria londinese David Gill, il Mew table prodotto da Sawaya&Moroni e la nuova serie di oggetti creati per Harrods. Fu una sorpresa: non più sinuosa magniloquenza, ma grazia femminile in quelle candele profumate, nel servizio in porcellana da caffè, con tazze simili a bocci appena dischiusi e nello sgabello che ricorda un pistillo. Quella collezione rivelava quell’aspetto della personalità riservato solo a chi la conosceva in privato e finalmente la svelava come donna e, non solo, come archistar, una etichetta che le spettava, ma che forse le ha pesato addosso più del dovuto. Analoga la riflessione sulla collezione di vasi in marmo proposti da Citco, paragonabili a fiori in boccio, connotati da un serie virtuosa di sottili pieghe, rubata agli artifici della couture, che ancora una volta dimostrano come Zaha avesse sempre un occhio di riguardo alla moda, forse per via della duttilità del tessuto nella modellazione, che lei cercava di replicare in materiali rigidi come il marmo.
The Moodboarders è un occhio spalancato sul mondo del progetto in tutte le sue multiformi declinazioni, capace di cogliere, anche nel quotidiano, lo straordinario. È la misura della temperatura epocale. È l’antenna sensibile capace di captare le tendenze sul nascere, i talenti che sbocciano, le estetiche trascurate. Non saggi, ma appunti veloci per sintonizzarsi sul ritmo del nostro tempo. Abbiamo viaggiato un anno senza fermarci e perché di questo viaggio non si smarrisca il ricordo abbiamo deciso di editare una versione cartacea. Abbiamo eliminato l’episodico, l’effimero e il fugace, cercando di mantenere la varietà degli argomenti e il loro fluido susseguirsi, di preservare la sorpresa delle scoperte, degli eventi colti nel loro manifestarsi, delle creazioni appena germogliate.